Il giardino che nessuno vede

di Charlie Foo |

Quando apro gli occhi, questa mattina, ho la sensazione di essere più pesante, come se avessi braccia e gambe fatte d’acciaio. Forse si tratta semplicemente di quella malinconia che ti assale quando manchi da casa da molto tempo, quella pesantezza che non ti fa alzare dal letto per combinare qualcosa di buono. Mi rigiro fra le lenzuola per qualche minuto con quella strana sensazione addosso, ma non riesco a riprendere sonno, così, trovata la voglia di alzarmi, mi preparo un caffè e gironzolo per casa alla ricerca di una bilancia. La mia coinquilina mi dice che ce n’è una nella sua stanza e me la porta: penso risalga all’epoca di Re Sole tanto sembra vecchia. Quando ci salgo, scopro di aver preso malauguratamente cinque chili dall’ultima volta che mi sono pesata.

Non avendo nulla da fare, decido di andare a fare jogging al parco qua vicino. So bene di non poter perdere cinque chili tutti assieme, ma spero di sentirmi più leggera al ritorno. Indosso le scarpe da corsa, pantaloni e felpa pesante e in men che non si dica sto correndo con meno cinque gradi lungo Avenue de la Liberation. La giornata è grigia e il cielo è coperto di nuvole. Mentre corro, alzo la musica negli auricolari e cerco di distrarmi: continuo a pensare ai luoghi e alle persone che non vedo da tempo. Il mio cane nero, la mia famiglia, gli amici dell’università… Corro. Raggiungo il parco. Continuo a correre. Cerco di non guardare quanta strada manchi per raggiungere l’altro lato del parco. Respiro in modo regolare. Mi concentro sul suono dei miei passi. Alla fine, senza rendermene conto, faccio due giri completi del parco e inizio a sentirmi stanca. Sono sudata e le cosce per metà sono congelate e per metà ribollono. Rallento. Cammino. Sento le gambe iniziare a cedere così mi guardo attorno alla ricerca di una panchina per riprendere fiato.

Mi siedo su una panca che si trova sotto ad un piccolo porticato di pietra, in mezzo al parco. Ci sono centinaia di piante diverse attorno a me. Sono trascurate e crescono intrecciate fra loro, mi fanno pensare alla giungla. Mi guardo attorno: piccole foglie di fragole selvatiche ricoprono il suolo, piante rampicanti secche si attorcigliano intorno alle colonne di pietra e in fondo al corridoio di piante si moltiplicano cespugli di bacche velenose. Lo sguardo mi cade infine su un muro che si trova in fondo al portico. C’è una porta? Sì, è una porta… Ma dove può condurre una porta come quella in mezzo ad un parco? Incuriosita, decido di scoprirlo.

La maniglia è gelata. Dalle fessure della porta di legno vedo passare della luce. Con delicatezza tiro la maniglia e apro la porta. Davanti a me si apre uno spettacolo meraviglioso: è un giardino inondato dal sole. Ci sono colline erbose e bizzarri alberi carichi di frutti blu. Il giardino è tanto grande che lo sguardo non sa dove posarsi. Intravedo un cerbiatto passare rapido fra i tronchi legnosi degli alberi in lontananza e poi mi accorgo di una grossa lepre bianca che passa proprio di fronte all’uscio, vicino a me. L’animale mi guarda, si avvicina ma non oltrepassa la porta. Annusa la punta delle mie scarpe da jogging, poi torna saltellando fra i cespugli e scompare. Fiori gialli ondeggiano piano in cima ad una collina, e uno stormo di uccelli passa nel cielo senza nubi cinguettando allegramente.

Sono tentata di entrare. Provo a muovere un passo ma non riesco perché sull’uscio c’è come una sorta di barriera invisibile che non me lo permette. Pare che io possa solo star fuori a guardare. In effetti non ci sono impronte umane sul terreno umidiccio al di là della porta. Evidentemente quello non è un posto per esseri umani. Resto qualche minuto a guardar dentro, incantata, cercando di racchiudere appuntare nella mia mente il maggior numero possibile di dettagli, per ricordarli quando sarò tornata a casa. Alla fine richiudo la porta e all’improvviso sento che quella pesantezza provata al mio risveglio, questa mattina, è completamente scomparsa. Forse sbirciare in quel meraviglioso giardino ha aperto dentro di me uno spiraglio di luce nuova. Mi allontano. Rimetto gli auricolari e riprendo a correre verso l’uscita del parco senza farmi domande. Quando mi volto per guardare il porticato, la porta non c’è più.

Non appena rientro a casa, la coinquilina mi chiede com’è andata la corsa e mi dice che ha scoperto che non sono io che ho preso peso, è la bilancia che è rotta: dà sempre cinque chili in più! Dice di volerla aggiustare. Ci penso su ma non sono sicura sia il caso di farlo: fra qualche mese, arriveranno nuovi inquilini in questa casa, al posto nostro. Nuovi studenti viaggiatori. Forse anche loro si sveglieranno un mattino, appesantiti dalla nostalgia, forse anche loro avranno bisogno di dare un’occhiata al meraviglioso giardino segreto nascosto nel Parc de Blossac…  In fin dei conti sono contenta che la bilancia non funzioni, altrimenti non sarei mai uscita a correre. “Lascia stare la bilancia” dico alla mia coinquilina, “ti va un tè?”.


Charlie Foo

Autrice di due romanzi,"Seasons"(2017), "Fuga da Gardenia" (2020), e un saggio su Cenerentola (2022), Charlie ama l'avventura, i viaggi e la cioccolata calda. Ha fondato il sito CharlieFoo.it nel 2014.